La ricerca geologica in Antartide
Le condizioni ambientali estreme, la lontananza dalle altre terre emerse del pianeta, l’isolamento in mezzo all’Oceano Meridionale hanno fortemente ostacolato non solo l’esplorazione dell’Antartide ma anche le ricerche sulla sua conformazione geologica. L’ostacolo maggiore, e insuperabile, all’indagine geologica è però rappresentato dal fatto che il 98 % dell’intera superficie antartica è coperta da ghiaccio e gli affioramenti rocciosi sono limitati al restante 2%. È per questa ragione che dal punto di vista geologico l’Antartide è, di fatto, un continente largamente sconosciuto.
Per tentare di ricostruire l’assetto e l’evoluzione geologica di questo continente coperto da ghiacci, i ricercatori hanno dovuto sfruttare ogni affioramento roccioso, utilizzare molteplici tecniche di indagine geofisica ed eseguire alcune perforazioni.
Il rilevamento geologico di superficie e la raccolta di campioni, seguita da analisi di laboratorio, hanno permesso di determinare la natura delle rocce, la geometria e le relazioni tra le strutture geologiche e cosi ricostruire e datare i principali eventi geologici.
La natura e le proprietà fisiche delle rocce non affioranti e profonde, sono state invece caratterizzate attraverso registrazioni sismiche ed acustiche, misure magnetiche, gravimetriche e geodetiche. Il confronto con gli stessi parametri misurati sulle rocce che affiorano dai ghiacci ha consentito l’elaborazione a grande scala di modelli sulla costituzione geologica e sull’assetto strutturale delle porzioni inaccessibili del continente.
Le ricerche geologiche italiane si svolgono principalmente nella zona di Terra Vittoria settentrionale, lo Shackleton Range, La terra della Regina Madre, La Penisola Antartica oltre che nelle aree marine periantartiche.
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La ricerca italiana ha contribuito alla definizione della morfologia del continente “sepolto” effettuando, dal 1995 al 2014, rilievi radar (RES Radio Echo Sounding [1]) sulla calotta Est dell’Antartide per oltre 36000 km. Durane l’esplorazione dell’Aurora Trench, è stato identificato uno dei 5 punti di maggior spessore di ghiaccio (4755m) di tutta l’Antartide.
I numerosi rilievi geofisici effettuati nel corso delle spedizioni antartiche del PNRA dal 1999 in poi nelle regioni di Vostok-DomeC eAurora Trench hanno permesso di scoprire 30 nuovi laghi subglaciali, oggi inclusi nel catalogo internazionale. La presenza di più di 150 laghi subglaciali e le recenti indagini geofisiche permettono di ipotizzare che alcuni di essi siano idraulicamente collegati in un reticolo non ancora completamente conosciuto. La presenza di un reticolo idrografico che si sviluppa al contatto fra roccia e ghiaccio è un tema di grande rilievo scientifico soprattutto per gli studi climatologici e glaciologici.
Gli studi che i geologi italiani conducono da 30 anni nella Terra Vittoria Settentrionale, la zona dove la catena Trasantartica affiora più estesamente, hanno permesso di elaborare un nuovo modello dell’evoluzione geologica di questa regione, anche grazie al ritrovamento di rocce molto rare e di importante significato geologico quali le eclogiti [2] .
Le eclogiti scoperte dai geologi italiani nel Lanterman Range nel 1993 sono le prime segnalate e meglio preservate in Antartide (e le seconde in tutto l’emisfero australe, dopo quelle della Tasmania) Il loro ritrovamento ha fornito nuovi elementi per l’interpretazione dell‘Orogenesi di Ross e della storia geologica delle Montagne Transantartiche.
I ricercatori italiani, per comprendere i meccanismi di genesi e risalita di magmi nelle zone di apertura dei continenti (rift) e la formazione di nuova crosta terrestre, studiano l’allineamento di vulcani riconoscibile lungo l’Antartide Occidentale.Alcuni di questi vulcani sono ancora attivi ed hanno una storia eruttiva complessa, altri più piccoli, hanno prodotto solo una singola eruzione. Tra i primi vi sono il Mt Melbourne, che domina la stazione italiana Zucchelli, il Mt Rittmann, scoperto durante le prime spedizioni italiane e parzialmente sepolto da ghiacci e il Mt Elrebus, che sovrasta la base americana di Mc Murdo ed è il vulcano attivo più meridionale della Terra.
I prodotti delle eruzioni vulcaniche, presenti e passate, si accumulano su ampie aree della calotta e restano intrappolati nei ghiacci. La tipologia dei prodotti eruttati, e la possibilità di datare le ceneri vulcaniche, permette ai ricercatori di ricostruire l’ambiente e il clima al momento dell’eruzione, anche fino a 22 milioni di anni fa.
Per indagare vaste aree del continente antartico vengono impiegati aerei ed elicotteri opportunamente equipaggiati con strumentazione dedicata (i cosiddetti magnetometri) per misurare le variazioni di campo magnetico terrestre. I dati aere, integrati con le misura da stazioni a terra permettono di calcolare le anomalie magnetiche dalla cui analisi è possibile ricostruire le strutture geologiche profonde .
In questo ambito, i ricercatoriitaliani hanno realizzato due importanti programmi internazionali: GITARA (collaborazione italo-tedesca) e AEROTAM( collaborazione Italia-USA) che hanno fornito un contributo fondamentale per la conoscenza del continente nascosto. L’elaborazione di tutti i dati acquisiti ha permesso di localizzare strutture sepolte quali faglie, vulcani, depressioni della crosta, montagne sotto marine, che altrimenti non sarebbero stato possibile analizzare.
I ricercatori italiani effettuano anche rilievi geofisici in mare, utilizzando strumenti acustici che permettono di mappare in 3 dimensioni il fondale marino e di penetrare in profondità nel sub strato roccioso, altrimenti inaccessibile.I rilievi geofisici sulla piattaforma continentale hanno identificato le impronte dei ghiacciai (antiche morene e strie glaciali) tramite le quali è possibile ricostruire come, nelle epoche glaciali passate, la calotta polare si estendeva nel mare. I rilievi geofisici lungo la scarpata continentale hanno permesso di identificare canyon sottomarini, attraversati dalle correnti fredde antartiche che alimentano la circolazione oceanica globale, ed enormi dune, a una profondità di 3000 metri sull’argine dei canyon, che documentano il passaggio delle correnti antartiche già da milioni di anni.
Una delle più singolari scoperte della geofisica marina, effettuata dalla nave OGS-Explora in Antartide, consiste in una serie di vulcani di fango, sul fondale al largo della Penisola Antartica e nel Mare di Ross. Fluidi e gas in sovrappressione si mescolano ai sedimenti e, risalendo lungo i sistemi di fratture, formano edifici conici sul fondo del mare. Questi edifici sono particolarmente interessanti perché rappresentano il punto di emissione di gas serra dalla geosfera all’oceano e quindi all’atmosfera. In prossimità di queste strutture, inoltre, si instaurano le condizioni favorevoli per lo sviluppo di ecosistemi estremamente specializzati.
Le indagini di geologia e geofisica, in mare e a terra, hanno permesso, anche di ricostruire l’apertura del Passaggio di Drake, posto tra l’estremità meridionale del Sud America e la Penisola Antartica, avvenuta a partire da 30 milioni di anni fa. Il Passaggio di Drake ha definitivamente separato l’Antartide dalle altre masse continentali, creando le condizioni per lo sviluppo della corrente Circumpolare Antartica .
1 - Il RES (Radio Echo Sounding) è uno strumento che, tramite la penetrazione delle onde elettromagnetiche nel ghiaccio, permette di ottenere preziose informazioni sulla profondità del substrato roccioso, lo spessore del ghiaccio e le sue inomogeneità come per esempio le stratificazioni interne e la presenza di acqua.
2 - Le eclogiti sono rocce particolari e molto rare che si formano quando porzioni di crosta oceanica vengono portate a grande profondità: qui si formano minerali caratteristici di ambienti di alta pressione come il granato(rosso), il pirosseno sodico (verde smeraldo) e il rutilio (bruno arancio).