L’isolamento geografico dell’Antartide, il suo progressivo raffreddamento e la formazione della calotta glaciale, hanno provocato l’estinzione di molte delle specie che popolavano in precedenza sia il continente che le acque marine circostanti. Solo alcuni organismi in grado di adattarsi alle nuove condizioni climatiche sono sopravvissuti, diversificandosi per dare origine alle specie che oggi troviamo negli ambienti Antartici. Anche le reti trofiche che legano tra loro i diversi organismi si sono modificate e sono notevolmente più semplici di quelle che troviamo dei mari temperati. Un elemento fondamentale per l’ecosistema antartico è il ghiaccio marino. E’ infatti il ciclo stagionale di formazione e disfacimento della superficie ghiacciata del mare che controlla la salinità dell’acqua, la disponibilità di luce, la produzione di fitoplancton, lo sviluppo del krill (Euphausia superba) e degli animali che se ne nutrono. Nel continente la vegetazione è praticamente limitata ad alcune centinaia di specie, per lo più endemiche di alghe, licheni, muschi e funghi.
Si conoscono due specie di fanerogame che abitano le zone più tiepide della Penisola Antartica.
Sul continente, il principale ostacolo per la vita è l’estrema scarsità di acqua allo stato liquido o di vapore, dovuta anche all’azione del vento. Nelle aree deglaciate lungo la costa gli uccelli svolgono un ruolo ecologico molto importante: con il loro guano contribuiscono ad arricchire di nutrienti il substrato favorendo la crescita di piccoli organismi dotati di notevole resistenza alla disidratazione e al freddo quali batteri, microfunghi, protozoi, alghe, muschi, licheni e microinvertebrati (tardigradi, nematodi, rotiferi, acari, e collemboli). Il più grande organismo carnivoro terrestre è un acaro che vive tra detriti vegetali cibandosi di insetti erbivori e le sue dimensioni raggiungono appena il millimetro. [1]
Le acque interne sono popolate da fitoplancton, batteri, alghe, protozoi e rotiferi. Forme di vita molto particolari sono le comunità criptoendolitiche, che vivono insediate tra le fenditure della roccia o tra cristalli di materiali porosi e sono costituite da alghe, funghi e licheni adatti a sopravvivere in condizioni estreme. [2]
La fauna di grandi dimensioni che popola le terre emerse è rappresentata esclusivamente da uccelli e mammiferi marini. Sulla terraferma nidificano 8 specie di pinguini che, presenti in numerose colonie stanziali, densamente popolate, rappresentano il 90% della biomassa. In Antartide vivono e si riproducono sei specie di foche [3] e 12 specie di uccelli.
Ogni primavera australe, oltre 100 milioni di uccelli marini nidificano, spesso riunendosi in colonie, intorno alle coste rocciose dell’Antartide e nelle isole al largo del continente: Sfenisciformi (pinguini), Procellariformi (albatri, berte e procellarie, fulmari e ossifraghe, petrelli tuffatori, petrelli delle tempeste), Caradriformi (stercorari, gabbiani, chioni e sterne) e Pelecaniformi (cormorani). Alcune specie sono particolarmente longeve, come albatri e procellarie, con individui che possono vivere per più di 60 anni. La maggior parte delle specie raggiungono la maturità sessuale a 5-12 anni di età. All’inizio della stagione riproduttiva maschi e femmine si raggruppano in colonie di dimensioni variabili (da qualche decina a milioni di individui), formando coppie, che instaurano un legame molto forte grazie a elaborati corteggiamenti. Molte specie sono monogame ed entrambi i genitori partecipano, alternandosi, alle cure parentali.
Il più famoso abitante dell’Antartide è il pinguino, un uccello incapace di volare, ma eccellente nuotatore. I pinguini vivono sulla banchisa e nell’oceano Antartico e si riproducono sulle superfici di terra o di ghiaccio lungo la costa e sulle isole. Le due specie più note sono il pinguino di Adelia ed il pinguino Imperatore. [4] Di gran lunga più ricche in numero di specie avicole sono le isole antartiche e subantartiche.
In netto contrasto con la povertà di forme di vita sul continente appaiono le condizioni dei mari adiacenti e dell’Oceano circoscritto a nord dal Fronte Polare e a sud dalla Convergenza Antartica. A favorire questa ricchezza in termini di biomassa e di biodiversità ha certamente contribuito la stabilità dei fattori ambientali. Spugne, molluschi, celenterati, echinodermi e altri invertebrati popolano i fondali in cui abbondano anche varie specie di pesci. Altrettanto abbondante è la fauna di grossi mammiferi come i cetacei. La catena trofica vede come anello centrale il krill [5] e il “silverfish” Pleuragramma antarcticum.[6][1] I tardigradi, chiamati anche orsetti d’acqua, hanno la capacità di seccarsi o congelarsi insieme al substrato in cui vivono sospendendo completamente il loro metabolismo (criptobiosi) anche per anni, e ritornando attivi a contatto con l’acqua. In questo stato possono resistere alle condizioni estreme presenti sulla Terra e potrebbero farlo anche su altri corpi inospitali del Sistema Solare. Sopravvivono a temperature superiori a 150°C e fino a -272°C, immersi in alcool e solventi, a pressioni 12000 volte quella presente sulla Terra o nel vuoto quasi assoluto, ed esposti a radiazioni 1000 volte maggiori di quelle capaci di uccidere un uomo. Hanno viaggiato nello spazio sopravvivendo molto bene nella navicella spaziale riuscendo a riprodursi e, quando secchi, sopportando il vuoto estremo e le radiazioni solari e galattiche. COLLEMBOLI: insieme agli acari e a una specie di insetto chironomide, rappresentano gli unici gruppi di artropodi viventi dell’ecosistema terrestre Antartico.
[2] L’endolitismo (vita all’interno della roccia) è uno degli adattamenti più spettacolari dei microrganismi alla pressione ambientale ed è la forma di vita predominante nelle zone interne del continente; qui i microrganismi vivono in un costante, delicato equilibrio tra sopravvivenza ed estinzione. Esistono diverse forme di colonizzazione endolitica e quella criptoendolitica, dove i microrganismi colonizzano le cavità strutturali delle rocce porose, è senz’altro la più diffusa e studiata. Tra i componenti delle comunità criptoendolitiche, i funghi neri sono di particolare interesse per la loro capacità di tollerare stress. L’isolamento genetico, geografico e le forti pressioni ambientali hanno determinato l’evoluzione di specie completamente nuove e adattate alle difficili condizioni a cui sono sottoposte. Studi di filogenesi molecolare hanno permesso la descrizione di numerose nuove specie, molto distanti da quelle note fino a questo momento.
[3] Lunga fino a 3 metri e pesante fino a 400 kg, la foca di Weddell (Leptonycothes weddellii), ampiamente diffusa in Antartide, è l’unico mammifero che vive e si riproduce sulla banchisa, anche in aree molto lontane dal mare aperto. E’ in grado di nuotare sotto il ghiaccio per chilometri, immergendosi fino a 600 m di profondità; può rimanere in apnea fino a 80 minuti, e scava con i denti buchi nel ghiaccio, da cui riemerge per respirare. L’ecologia delle foche antartiche è strettamente legata alle condizioni ambientali locali, in particolar modo alla dinamica dei ghiacci e del clima, e risente delle loro variazioni.
[4] Il pinguino Imperatore, grazie agli adattamenti morfologici (>30 kg, 115 cm di altezza), fisiologici e comportamentali si riproduce durante l’inverno antartico. Non costruisce nido, depone un solo grande uovo che protegge tra le zampe e l’addome. La specie è minacciata dalla riduzione del ghiaccio marino. Nella colonia di Cape Washington, pochi km a sud della Base Italiana Mario Zucchelli si ritrovano ad aprile oltre 16.000 pinguini per riprodursi sul ghiaccio marino costiero. I giovani e gli adulti lasceranno la colonia a metà dicembre per migrare nelle acque antartiche più settentrionali.
Il Pinguino di Adelia è una specie longeva (15-20 anni), molto numerosa (>5 milioni adulti) a distribuzione circumantartica che trascorre il 90% del proprio ciclo vitale in mare. E’ strettamente dipendente dalla presenza di ghiaccio marino per l’alimentazione, le migrazioni stagionali e la sopravvivenza, quindi le modifiche al clima della Terra, che stanno cambiando la quantità di ghiaccio marino in Antartide, causano la diminuzione delle popolazioni di Pinguino di Adelia in alcune aree del continente. In ogni viaggio un genitore può percorrere oltre 200 km, catturando in media 450 g di cibo. Capaci di immergersi a grandi profondità (170 m) preferiscono effettuare immersioni frequenti e meno profonde (circa 20 m) per nutrirsi di pesce e crostacei, soprattutto krill. I pulcini guadagnano così 100 g/giorno fino a circa 45 giorni di età (fase di asilo) dopo mutano il piumino nella livrea giovanile e da febbraio lasciano le colonie. La mortalità è molto alta nei primi anni di vita: l’80% di pulcini nati in un anno non raggiungerà l'età di 2 anni. Anche gli adulti iniziano la migrazione invernale tra marzo e aprile, spesso dopo aver effettuato la muta. D’inverno l’estensione del ghiaccio marino rende impossibile nutrirsi nella zone normalmente utilizzate durante il periodo riproduttivo. Allontanandosi fino alla porzione esterna della banchisa che circonda il continente, svernano in zone dove è presente una certa quantità di luce e dove la banchisa offre piattaforme sicure, per cacciare e per riposare.
[5] Il krill (Euphausia superba) è un crostaceo lungo solo 65 mm, presente in una grande fascia circumpolare tra il continente antartico e il Fronte Polare (situato approssimativamente a 60° S di latitudine), che costituisce la maggiore biomassa del biota Antartico. E. superba, quale erbivoro dominante, è considerata l’anello principale dell’ecosistema antartico che canalizza la materia organica prodotta dal fitoplancton ad una grande varietà di consumatori secondari e terziari. I cambiamenti nelle dinamiche stagionali di formazione e scioglimento dei ghiacci causati da variazioni della temperatura, insieme ad alterazioni nei processi di sintesi clorofilliana provocati dal “buco dell’ozono”, al sovrasfruttamento della pesca nel Mare di Ross, potrebbero stravolgere l’equilibrio esistente tra la popolazione di krill e le specie che si nutrono di esso, con ripercussioni per l’intero ecosistema antartico e globale.
[6] Unici nel vastissimo panorama dei pesci del nostro pianeta, i pesci antartici (Notothenioidei) non hanno uguali neppure nelle fredde regioni polari artiche. Sopravvissuti all’estinzione di una fauna preesistente, la loro storia evolutiva è stata guidata dagli eventi paleoclimatici e oceanografici durante la deriva e il raffreddamento del continente. Nell’adeguarsi ad un ambiente sempre più difficile hanno modificato profondamente i loro sistemi biologici.