Le ricerche italiane hanno contribuito in modo sostanziale a indirizzare gli studi sui temi della biodiversità e dell’adattamento biologico alle condizioni estreme, prendendo in considerazione sia la rete trofica terrestre sia quella marina. In Antartide il deserto di ghiaccio della parte emersa si contrappone alla straordinaria varietà delle forme viventi sui fondali marini, la vita microbica all’interno di rocce (endolitismo), e le caratteristiche di alcuni pesci, come gli “icefish”, o pesci a sangue bianco, sono il risultato di una storia di adattamento all’ambiente che non ha uguali sul nostro pianeta.
Un elemento fondamentale per l’ecosistema antartico è il ghiaccio marino. E’ infatti il ciclo stagionale di formazione e disfacimento della superficie ghiacciata del mare che controlla la salinità dell’acqua, la disponibilità di luce, la produzione di fitoplancton, lo sviluppo del krill (Euphausia superba) e degli animali che se ne nutrono. Il ghiaccio influenza anche le fasi riproduttive e lo sviluppo di alcune specie come, ad esempio, il pesce Pleuragramma antarticum.
Nell’area di Baia Terra Nova, prospiciente la base italiana Mario Zucchelli, la presenza di una polynya (zona marina permanentemente libera dai ghiacci) ha permesso lo sviluppo di un ecosistema unico per biodiversità. I risultati delle ricerche svolte dal PNRA hanno permesso di ottenere nell’ottobre 2016 l’istituzione della più vasta area marina protetta al mondo nella regione del Mare di Ross, grazie all’azione congiunta di 25 Governi, tra cui l’Italia, segnando importanti passi in avanti nella tutela dell’ambiente antartico.
Studiare l’ecofisiologia dei singoli organismi e monitorare la risposta della rete trofica ai cambiamenti globali in atto sono strumenti indispensabili per elaborare modelli di trasformazione dell’ecosistema antartico e progettare interventi di mitigazione e di salvaguardia.
Evoluzione ed adattamento degli ecosistemi marini Antartici
L’ecosistema marino antartico è oggi particolarmente esposto a rischi derivanti dai rapidi cambiamenti climatici. I possibili impatti derivano da diversi fattori, fra i quali l’aumento della temperatura e dell’acidità delle acque marine dovuta all’eccesso di Anidride Carbonica disciolta, la modifica della circolazione generale, la diminuzione del ghiaccio marino e della concentrazione di ossigeno. Questi cambiamenti inducono reazioni da parte degli ecosistemi che vanno dal livello molecolare e cellulare fino al livello di organismo e di popolazione, in tempi che possono variare da ore o giorni fino a milioni di anni. La temperatura del mare, stabile per milioni di anni, sta ora aumentando molto velocemente. Quali saranno gli impatti di questo riscaldamento sulle specie che si sono adattate al freddo e al ghiaccio e che può superare la capacità di adattamento e generare l’estinzione di una o più specie? Sin dal suo avvio il PNRA ha affrontato con successo il tema dei meccanismi di evoluzione e dell’adattamento degli organismi marini in un contesto specialistico internazionale.
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Adattamento
La zona costiera di Baia Terra Nova per la straordinaria biodiversità è stata inserita da BirdLife International tra le Important Bird Areas in Antarctica (Harris et al 2015). Uno dei progetti più longevi riguarda lo studio del Pinguino di Adelia, specie strettamente dipendente dalla presenza di ghiaccio marino per l’alimentazione, le migrazioni stagionali e la sopravvivenza. I ricercatori italiani dal 1994 portano avanti studi di dinamica di popolazione del pinguino di Adelia valutandone le riposte bio-ecologiche e i parametri genetici in relazione alle conseguenze dei cambiamenti climatici e studi di distribuzione degli uccelli marini nell’area compresa tra Terra Nova Bay e Wood Bay. Le ricerche indicano che le colonie del Mare di Ross sono stabili o in leggero aumento ma che le anomalie nell’estensione del ghiaccio marino possono avere come conseguenze in alcune stagioni un basso successo riproduttivo e/o una ridotta sopravvivenza invernale di adulti e giovani che potrebbero influire sulle future dinamiche di popolazione.
L’Antartide si è definitivamente separata degli altri continenti intorno a 40 milioni di anni fa rimanendo isolata nella sua morsa di gelo. Da allora gli organismi antartici hanno evoluto meccanismi fisiologici e biochimici per sopravvivere e crescere nel freddo dando luogo a una fauna ittica altamente endemica ed adattata al freddo.
Questi organismi mostrano tassi metabolici e di crescita più lenti, una maturità riproduttiva differita, una più lunga durata della vita. Essi sono le specie più stenoterme del pianeta (specie che tollerano solo limitate variazioni di temperatura), incapaci di sopravvivere al di sopra di 2-3 °C.
I Pesci del sottordine Nototeniidi sono la componente dominante dell'Oceano Antartico. L'importanza ecologica di Nototeniidi e dei loro meccanismi di adattamento hanno spinto gli scienziati a studiare la loro fisiologia e filogenesi, con particolare attenzione al sistema di trasporto dell’ossigeno.
Le ricerche italiane sul krill, avviate nel Mare di Ross sin dal 1988, si sono focalizzate sulla sua ecologia nell’ambiente pelagico e all’interfaccia mare-ghiaccio marino. In quest’ultimo ecosistema, è stato dimostrato che i giovani individui di krill conducono un’intensa attività di pascolo sulle alghe contenute nel pack-ice di Baia Terra Nova durante l’inverno e la primavera australe. Per quanto concerne invece l’ambiente pelagico del Mare di Ross, le maggiori concentrazioni degli sciami di krill sono state osservate nelle aree di confine tra ghiacci liberi e il pack-ice. Nel periodo 1989-2004 è stata registrata una progressiva diminuzione di E. superba e messa in relazione con i cambiamenti climatici in atto nell’area di studio.
Fino a non molti anni fa, la biodiversità delle specie marine antartiche era considerata molto povera, date le condizioni ambientali estreme, ma ciò è vero solo per pochi gruppi, tra cui pesci e molluschi gasteropodi. Grazie a progetti di ricerca internazionali sono state scoperte centinaia di nuove specie: i dati aggiornati ci dicono che l'Oceano Meridionale ne ospita più di 8000, la maggior parte delle quali appartiene al benthos. I fondali di Baia Terra Nova offrono una notevole varietà di organismi bentonici, ampiamente studiati nel corso delle spedizioni del PNRA. Alcune delle tematiche maggiormente affrontate dai ricercatori sono la ricerca di nuove molecole con possibilità d’impiego in ambito biomedico, il bioaccumulo di sostanze tossiche in vari livelli della catena trofica e la suscettibilità degli organismi bentonici antartici all'acidificazione degli oceani. Lo studio della biodiversità del benthos antartico, inoltre, consente di stabilire se vi siano variazioni in atto, ad esempio nella distribuzione delle specie, che potrebbero essere determinate da cambiamenti climatici.
Vita in condizioni estreme e astrobiologia
Nelle aree costiere, nel periodo estivo, l’acqua formatasi per fusione dei ghiacci consente lo sviluppo di alghe, muschi e licheni che formano l’habitat per piccoli organismi adattati a vivere in condizioni estreme, come tardigradi, nematodi, rotiferi, acari e collemboli. La vegetazione sull’Antartide continentale è esigua, ancora poco nota e si limita a funghi e licheni che mostrano un bassissimo tasso di crescita, dell’ordine dei millimetri per anno o per centinaia di anni. Le ricerche italiane hanno contribuito a sostenere l’ipotesi che la flora continentale antartica non sia un relitto della ricca flora del supercontinente Gonwana, ma abbia colonizzato il continente in tempi relativamente recenti, per trasporto su lunghe distanze. Lo studio delle capacità criptobionti di questi animali ha già portato alla realizzazione di prodotti per la conservazione a lungo termine di molecole complesse (es. DNA), e fornito conoscenze utili alla conservazione degli organi e, si spera in futuro, a ridurre gli effetti negativi dell’invecchiamento.
L'Adattamento dell'uomo in ambiente estremo
Senza idonei mezzi di protezione e sostentamento, la sopravvivenza umana in Antartide è impossibile. Per questo motivo l’Antartide è considerato un vero laboratorio naturale per studiare i meccanismi psicofisici di adattamento a situazioni analoghe a quelle che l’uomo sperimenta durante i viaggi spaziali, quali isolamento dal contesto familiare e confinamento in spazi remoti. La ricerca biomedica del PNRA, inizialmente indirizzata allo studio dei rischi legati al freddo e all’isolamento, si è estesa negli anni allo studio della risposta dei sistemi cardiovascolare, endocrino, neurologico, immunologico alle condizioni tipiche dell’ambiente antartico e a ricerche su alimentazione, metabolismo e adattamento fisiologico, psicologico e sociale. La necessità di sopravvivere e permanere in ambiente remoto e isolato ha portato a importanti sviluppi tecnologici anche nel campo della telemedicina. Alla Stazione Concordia sugli “invernanti” vengono effettuati esperimenti biomedici per misurare i livelli di stress in individui confinati, in condizioni di isolamento e in ambiente remoto e condizioni estreme.